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Parlare di sostenibilità è certamente complesso. Il termine viene usato per indicare aspetti e processi molto differenti tra loro e c’è anche il rischio che venga piegato in base agli obiettivi che si vogliono raggiungere.
Per questo, diventa anche molto difficile per chi vuole occuparsene, in particolare per le aziende che non hanno obblighi di legge specifici, capire quali azioni sia meglio intraprendere per dimostrare il proprio impegno e migliorare la propria reputazione.
Dopo aver parlato di Cloud Sustainability, in questo articolo vedremo come l’adozione del Modello 231 possa essere un primo asset strategico per iniziare a occuparsi in modo concreto della sostenibilità aziendale.
In particolare racconteremo l’esperienza di Mia‑Platform e freebly nella redazione del Modello 231 integrato: uno dei primissimi casi in Italia di integrazione dell’analisi dei rischi di sostenibilità direttamente e/o indirettamente connessi ai rischi penali secondo la normativa 231.
Quando si parla di sostenibilità è importante tenere a mente che si intende un equilibrio tra gli aspetti sociali, ambientali ed economici. La sostenibilità è un obiettivo cui puntare, è uno stato di movimento continuo verso il miglioramento di tantissimi aspetti, sia che si parli di un’azienda, sia di politiche di uno Stato, sia di iniziative individuali.
Anche se nell’immaginario comune si associa spesso il concetto di sostenibilità a quello di green e ambiente, in realtà si intende un concetto molto complesso e ricco di sfaccettature.
La definizione che meglio lo rappresenta è quella presentata da Gro Harlem Brundtland, presidente della Commissione mondiale su Ambiente e Sviluppo, nel 1987 all’interno del rapporto “Our Common Future”.
Il suo approccio, che venne in seguito riassunto come “sviluppo sostenibile”, definisce la sostenibilità come “quello sviluppo che consente alla generazione presente di soddisfare i propri bisogni senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri”.
Complice sicuramente l’urgenza del cambiamento climatico, singoli individui, aziende e Stati si sono negli ultimi anni attivati sempre di più nell’adottare stili di vita più sostenibili, nel promuoverli e nello strutturare norme e certificazioni che potessero agevolare questo cambiamento.
Un passo importante è stato quello del 2015, quando 193 paesi membri dell’Onu hanno firmato l’Agenda 2030: 17 obiettivi, con all’interno 169 target, per lo sviluppo sostenibile da raggiungere entro il 2030.
I sustainable development goals, o SDGs, racchiudono i tre aspetti di cui parlavamo poco sopra: quello economico, quello ambientale e quello sociale. Si parla di lotta alla povertà, di diritto alla formazione, di contrasto al cambiamento climatico, di accessibilità e molto altro all’interno dei diversi obiettivi.
Dal 2016, in Italia, è obbligatorio redigere una dichiarazione non‑finanziaria per alcune tipologie di aziende. L’obbligo riguarda le aziende di grandi dimensioni (più di 500 dipendenti) e quelle di interesse pubblico, indipendentemente dalla loro dimensione.
Tutte le altre aziende, quindi le micro‑piccole‑medie imprese che in Italia sono la maggioranza, non hanno vincoli legislativi e hanno carta bianca in termini di sostenibilità.
Questo può essere da un lato un grande vantaggio, dall’altro un grande rischio di dispersione di risorse economiche e di tempo. Per una piccola‑media impresa diventa molto difficile scegliere quale percorso intraprendere tra le diverse certificazioni, standard di rendicontazione, modalità di governance e molto altro. Il rischio è quello di concentrare molte forze e investire budget in qualche certificazione che potrebbe non essere la reale urgenza o necessità dell’azienda in un dato momento. Altra grande difficoltà è quella di non trovare il modo giusto di far emergere e comunicare azioni ad alto valore che l’azienda porta avanti con grande impegno.
Per questo, la scelta che abbiamo fatto con Mia‑Platform è stata quella di migliorare prima di tutto i processi esistenti e poi di provare a integrare la sostenibilità in tutti i possibili nuovi passi di gestione aziendale. Abbiamo scelto infatti di dedicarci a questi due approcci prima ancora di scegliere di intraprendere eventuali percorsi di certificazione aggiuntivi, che abbiamo comunque iniziato a studiare e monitorare.
Innanzitutto, quindi, abbiamo migliorato la gestione dell’ufficio per avere un minore impatto ambientale e abbiamo fatto in modo di integrare donazioni e iniziative di corporate social responsibility (CSR) nella normale attività dell’azienda.
In un secondo momento, poi, ci siamo chiesti quale passo più strutturale potessimo intraprendere, nella convinzione che la sostenibilità sia da intendersi come modello di gestione dell’impresa che garantisce la creazione di valore, a lungo termine, per tutti i suoi stakeholder.
Per questo, la scelta che abbiamo fatto con Mia‑Platform è stata quella di migliorare prima di tutto il funzionamento e gli impatti dei processi esistenti attraverso la “lente” della sostenibilità.
Tornando a quello che raccontavamo all’inizio dell’articolo, e cioè che la sostenibilità è l’equilibrio dei fattori ambientali, sociali ed economici, introduciamo qui il concetto di ESG: l’acronimo sta per environmental, social and governance e viene usato in particolare per valutare la capacità delle aziende di essere sostenibili anche, e forse soprattutto, nell’ambito di investimenti finanziari.
In generale il termine ESG sta sostituendo sempre più quello del più generico sostenibilità e forse questo ci viene ancor più in aiuto nel ricordare, appunto, che non possiamo dimenticare nessuno dei tre aspetti quando valutiamo e strutturiamo la strategia di un’azienda.
Ecco che quindi abbiamo deciso, come primo passo formale per la nostra strategia di sostenibilità, di dedicarci alla G di ESG, e quindi dalla Governance.
Una buona strategia di sostenibilità non può prescindere da una buona governance, dal rispetto di normative e regolamenti, dalla responsabilità di gestire correttamente rapporti con dipendenti, fornitori, clienti e comunità in cui l’azienda è inserita.
Abbiamo quindi deciso di dotarci del Modello di organizzazione, gestione e controllo 231: uno strumento di compliance molto prezioso per le aziende perché permette di prevenire numerose e variegate tipologie di reato e di evitare sanzioni che potrebbero compromettere fortemente l’andamento e la reputazione dell’azienda.
Già nella scelta di adottare il Modello e nello studiare quali sono gli ambiti di competenza, emerge in modo evidente come una corretta governance sia uno dei pilastri della sostenibilità di un’impresa. In primis perché la redazione del Modello prevede, parallelamente, la redazione di un Codice Etico: la “carta costituzionale” dell’azienda che definisce i valori fondanti e gli obblighi di tutti i suoi stakeholder.
Per la redazione del nostro Modello abbiamo quindi scelto freebly, prima società benefit tra avvocati in Italia, perché offre un approccio innovativo che da una parte consente di prevenire la commissione di determinate categorie di reato, e dall’altra di implementare buone pratiche virtuose che rafforzano la nostra strategia e di formalizzano il nostro impegno, già molto forte, sui temi ESG.
Con freebly abbiamo avuto la possibilità di fare un’analisi dei nostri rischi societari in un modo del tutto nuovo e originale. Infatti, parallelamente all’analisi tradizionale prevista per la redazione del Modello 231, per ogni processo aziendale sensibile, abbiamo svolto anche un’analisi dei nostri rischi di sostenibilità valutando il loro impatto in relazione agli obiettivi di sviluppo sostenibile 2030 di cui accennato sopra.
È infatti emerso quanti punti di contatto vi fossero tra le due analisi e quanto fosse sinergico ed efficiente monitorare rischi di diversa natura in un unico strumento.
Abbiamo in questo modo redatto il Modello 231 in una forma nuova, quella del Modello integrato, e siamo stati tra i primi in Italia a farlo.
Anche se i rischi emersi dall’analisi fatta attraverso l’Agenda 2030 non sono da compensare obbligatoriamente per l’azienda, a differenza di quelli previsti nella 231, diventano però uno strumento prezioso e approfondito per capire da dove partire nello strutturare la propria strategia di sostenibilità.
Emerge infatti un’analisi completa che permette di mettere in atto fin da subito diverse azioni e di comunicarle altrettanto facilmente.
Come dicevamo poco sopra, il Modello 231 è uno strumento di governance: sostanzialmente, consiste in un documento che emerge da una profonda analisi di tutti i processi aziendali.
Il Modello è previsto dal D.Lgs. 231/2001, che ha introdotto la responsabilità amministrativa delle imprese per i reati commessi dai loro lavoratori nell’interesse e/o a vantaggio delle stesse.
In concreto quali sono stati gli step per la redazione e l’adozione del modello?
Il progetto viene così concluso e, grazie al lavoro svolto con freebly, oggi abbiamo un Modello 231 integrato con la sostenibilità e una prima analisi, molto approfondita, dei nostri punti di miglioramento e delle azioni che possiamo intraprendere.
Il Modello 231 diventa così un asset strategico per avere una buona governance e per la sostenibilità, e apre la strada a diversi percorsi possibili: maggiore consapevolezza e migliore comunicazione verso tutti gli stakeholder, maggiore trasparenza sia verso l’interno che l’esterno dell’azienda, maggiore preparazione nell’intraprendere nuovi percorsi, come ad esempio l’ottenimento di certificazioni.
Questo articolo è stato scritto da Chiara Muzzolon, Senior Internal Communication & Sustainability Manager in Mia‑Platform.